In questo autunno appena trascorso, mite e asciutto come non mai, sono apparsi nuovi e interessanti itinerari sulla Parete Calva, per mano del collaudato gruppo costituito da Marcolino Cunaccia,Walter Grober, Martino Moretti e Andrea Tamilla.
Dopo alcuni sopralluoghi ripetuti nel tempo, nell'ottobre 2015 i nostri riescono a vincere e superare gli aggettanti strapiombi situati all'estremità destra del versante sud-ovest della Calva. Nasce così “Nella mente di Dolcino” una via impegnativa, tecnica, atletica e molto suggestiva.
Gli stessi si sono poi spostati sul versante sud-est (quello ben visibile dalla statale della Valsesia per intenderci) dove è presente l'itinerario “Ohana”: proprio a sinistra di quest'ultimo, su delle placche compatte a tacche solcate da alcune fessure, sale la nuova via “Troppo coglione per essere vero”, più esigente della precedente e con chiodatura più distanziata.
Entrambi gli itinerari sono stati aperti dal basso con l'ausilio di nuts e friends, e chiodati a fix inox da 10mm. Per una ripetizione sono necessarie due corde da 60m, 10 rinvii e una serie di friends. L'accesso e tutte le informazioni utili sulla parete Calva, le potete trovare sulla nuova guida “Valsesia Rock” diVersante Sud.
“NELLA MENTE DI DOLCINO”
M. Cunaccia, M. Moretti, A. Tamilla, W. Grober
Aperta dal basso Maggio-Ottobre 2015
240m
7b (6b+ obbl. - 2 passi A0 su L6) RS1/II
Materiale necessario: 2 corde da 60m, friends 0.5, 3 BD, 10 rinvii.
Via che va a superare, nella parte più logica, i grandi strapiombi della “testa di Dolcino”. L'esposizione è favolosa: soprattutto nei quattro tiri centrali, la parete strapiomba di oltre venti metri! Roccia sempre eccellente, a parte alcuni tratti del grande strapiombo del sesto tiro, dove sono presenti alcune scaglie superficiali.
Chiodatura ottima a fix inox da 10mm; i friends diventano necessari sulla L5 e sulla L7. Dalla S6 in poi, la discesa è abbastanza problematica.
Percorsa l'ultima lunghezza, salire per facili roccette fino al bosco sommitale del “Pian dei Gazzari”. Spostarsi quindi più a sinistra per reperire le doppie di “Macarena”; la prima calata si effettua da un grosso faggio.
“TROPPO COGLIONE PER ESSERE VERO”
M. Cunaccia, A. Tamilla, M. Moretti
Aperta dal basso Novembre 2015
180m
6c+ (6b/c obbl.) RS2/II
Materiale necessario: 2 corde da 60m, 1 serie di friends fino al 3 BD, 8 rinvii.
Ultima nata sul versante sud-est della parete Calva, supera le placche compatte a sinistra di “Ohana”. Via molto logica su roccia sempre ottima a tacche e fessure. Chiodatura più esigente ed obbligatoria, mai pericolosa.
Indispensabile una serie di friend fino al 3 BD.
Discesa in doppia sulla via.
Relazioni delle vie ad opera della GA Marco Cunaccia, Lyskamm 4000, Alagna Valsesia.
]]>Buona lettura...
"Roccia e Mistero" di Dino Deiana
Salendo la strada che porta ad Alagna, giunti all'altezza di Quare bivio per Rassa si nota l'evidente sperone dove termina la parete Calva. Molti a questo sperone attribuiscono sembianze di volto umano e forse non a torto, considerando la storia e l'alone di mistero di cui questo luogo è portatore. La parete vera e propria si può notare benissimo da Piode. E' un anfiteatro di granito con forma di trapezio rettangolare, ha una base di circa 500m ed è alta circa 200m. L'esposizione a sud e la sua forma, che la ripara dalle correnti fredde, bastano a far si che con un pur minimo sole la temperatura raggiunga livelli gradevoli.
E' la prima parete vera e propria che si incontra salendo in Valsesia. Forse è per questo, proprio perchè è impossibile non notarla, spoglia dagli alberi di cui la terra circostante è ricca, che qualche viandante dei secoli addietro l'ha battezzata col nome che ci è noto, prendendo magari spunto da un problema estetico che l'affliggeva. Ma per esserne certi bisognerebbe correre indietro nella storia. Ci è noto, infatti, che nei primi anni del 1300 Fra Dolcino si rifugiò nel pianoro sommitale alla parete Calva per sfuggire ai suoi inseguitori. Il Pian dei Gazzari porta infatti questo nome perchè per circa un anno qui si rifugiarono i seguaci di Dolcino così chiamati. E' un punto strategico eccezzionale, facilmente difendibile da eventuali attacchi e da cui si possono controllare le mosse del nemico.
Anche alpinisticamente questa parete ha la sua storia avvolta di mistero.
Nel nostro ambiente corrono voci che in molti si era cercato di scalarla ma senza buoni risultati. Tempo fa una lettera anonima è stata recapitata a Martino dicendo che la nostra via non era la prima ma che già nel '36 qualcuno aveva salito la parete. Noi durante la nostra prima ascensione abbiamo trovato dei vecchi chiodi in un canalino marcio e impraticabile a chi ha coscienza alpinistica. Può darsi che allora fosse praticabile, ma l'erosione dell'acqua ha oggi cancellato la possibilità di una salita sicura. Questo canalino termina sotto a degli strapiombi per cui gli ipotetici salitori debbono aver raggiunto il pianoro sommitale attraverso delle cengie che in quel punto tagliano la parete verso sinistra.
Spinto da tanto mistero toccò anche a me arrivare alla base della parete per studiare qualche punto debole ma tornai a casa molto scettico sulle possibilità di ottenere buoni risultati in una ipotetica sfida con quegli strapiombi lisci e compatti. Tempo dopo, seppi che anche il mio amico Martino aveva avuto i miei stessi propositi. Unimmo le nostre forze e in un freddo mattino di novembre, con molto pessimismo in corpo, andammo all'attacco. Subito la parete si mostrò povera di appigli e fessure, da farci cambiare itinerario parecchie volte. ci volle molta umiltà per portare a termine il nostro progetto. Se "lei" era coriacea, noi non volevamo essere da meno. Al terzo tentativo riuscivamo a portare a termine la salita in arrampicata libera e con mezzi tradizionali. Per ben due volte tornammo a casa con la luce delle pile frontali e con molte spine in corpo, e non erano solo spine di rovo, quelle...!
Er il 19 febbraio 1984, quando visitammo per la prima volta il Pian dei Gazzari salendo per quell'imprendibile parete. In quei posti che videro uomini che sacrificarono la propria vita per i propri ideali di libertà e che influenzarono non poco la storia religiosa e politica di quei tempi, ci siamo sentiti obbligati di dedicare la via a Fra Dolcino.
Per noi, io e Martino, questo luogo ha qualcosa di sacro e parlando con molta gente abbiamo percepito un alone di religiosità nelle parole di queste persone. Vorrei invitare chi vi si reca ad avere rispetto per l'ambiente incontaminato che troverà, se non rispetto religioso almeno un rispetto ecologico.
La seconda via che in questa parete abbiamo tracciato, anche se tecnicamente più difficile della prima, l'abbiamo percorsa in tempi più brevi e con uno spirito diverso da quello che ci coinvolgeva nella prima salita. Solo una volta siamo tornati a casa respinti da un'impossibile chiodatura "sicura" in una placca compatta e repulsiva. Ma un caldo mattino di novembre questa volta ci ha resi ottimisti e coraggiosi e quel senso di pace e tranquillità, necessari per queste cose, ci veniva dai bellissimi colori autunnali da cui era dipinta la valle intorno a noi.
La placca che ci respinse venne superata non senza difficoltà, con una spontanea chiodatura costellata di acrobazie e imprecazioni e anche il seguito non fu da meno: ma, come vi ho già detto, quel giorno c'era un qualcosa di magico che ci circondava e ci fu impossibile tornare a casa senza aver concluso l'itinerario propostoci. Fu in una sosta in cui ero quasi appeso a due friends che gridai a Martino che la via andava a finire in quella di Fra dolcino e lui prontamente, in uno slancio di fantasia mi rispose: allora la chiameremo "Margherita va da Dolcino".
E così fu che venne battezzata la seconda via che percorre la parete Calva.
Adesso abbiamo interrotto l'alone di mistero alpinistico che avvolgeva questa parete. C'è l'alone storico che rimane ma quello non è compito nostro risolverlo, anche se ci piacerebbe saperlo risolto dagli storici e che giustizia fosse fatta su Dolcino e la sua gente.
Dino Deiana