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Giovani emergenti

Nel mese di settembre si sono celebrati vent'anni di gare. Nell'ormai lontano 1985, le prime sperimentali, competizioni venivano organizzate a Bardonecchia e Arco di Trento, su parete rocciosa.

Nel mondo dell’arrampicata nascevano così le competizioni e l’agonismo, veniva fondata la Federazione Arrampicata Sportiva Italiana, F.A.S.I. e la neonata federazione muoveva i suoi primi passi, andando a gestire e promuovere un territorio fino allora sconosciuto: quello delle competizioni.

Molti furono i dissensi, le smorfie e i pareri contrari di molti arrampicatori: pensieri che poco dopo vennero modificati in favore di una sempre più massiccia partecipazione alle competizioni.

Molti arrampicatori si resero conto che le competizioni erano un trampolino di lancio, una vetrina per il grande pubblico; gli sponsor potevano finalmente dare un ritorno d’immagine a uno sport (e ai suoi praticanti) rimasto sempre di nicchia.

Anche noi di Arrampicare in Valsesia vogliamo concedere spazio a questo argomento e, per inaugurare la sezione spazi emotivi, abbiamo raccolto i pensieri, le esperienze vissute, gli spunti di riflessione emersi durante una chiacchierata con alcuni giovani arrampicatori nella palestra di Arrampicando a Novara.

Perché i giovani: perché sono loro il futuro dell’arrampicata, possono promuovere attraverso la loro (seppur breve) esperienza, un “mondo di gare” che non è contrasto con l’ambiente naturale ma diventa parte integrante di un cammino evolutivo di ogni singolo arrampicatore, un motivo di crescita, esperienza in più, capacità di confrontarsi con se stessi, con gli altri, di imparare a superare le difficoltà nel migliore dei modi.

Le persone interpellate sono tutti e tre novaresi: Gabriele Moroni, conosciuto già da molti per i suoi risultati agonistici e le sue ripetizioni di vie dure e storiche, Andrea Foglio Bonda e Davide Fissore, due ragazzi che ruotano ormai da anni attorno al mondo Arrampicando.

E cosa centra la Valsesia? Ebbene, tutti loro scalano da diversi anni sulle pareti della valle: a Gabriele si devono le prime libere e ripetizioni delle vie più dure, tutti insieme si sono trovati a frequentare falesie come Ara, S. Antonio o le zone boulder di Parone e Alagna.

Giovedì 8 settembre 2005: i tre ragazzacci arrivano in sala di arrampicata insieme, verso le 21:00. Si scaldano sulla parete e iniziano a inanellare tentativi a raffica sui boulder tracciati, più o meno duri. Si fermano a recuperare, scherzano fra di loro e m'intrometto io a rompergli le scatole e gli pongo alcune domande.

Domanda- Ragazzi, ci conosciamo da anni ormai, ditemi però come vi siete avvicinati all’arrampicata?

  • Gabriele - Io ho iniziato per caso nel 1995, aveva da pochissimo tempo aperto i battenti Arrampicando e, grazie ad amici e conoscenti, i genitori mi hanno portato a provare.
  • Andrea - Mah, le gare hanno la mia età, io ho iniziato un po’ più tardi… se ben ricordo nel ‘97 o ‘98.
  • Davide - Anch’io ho cominciato negli stessi anni in cui ha iniziato Foglio (Andrea).

D. Da quando le prime gare?

  • G. Direi da subito: una gara a Brescia nell’allora struttura di Preti, poi il “Trofeo dell’Adriatico” (quello che poi è diventato il “Trofeo Nazionale Giovanissimi under14”). Ho fatto tutte le categorie pre-agonistiche giovanili, C, B e A. Poi nel 2001 sono entrato nella categoria Ragnetti e c’è stata la mia prima convocazione in Nazionale per la Coppa Europa Giovanile.
  • A. Non ho mai fatto tante gare, mi ricordo della mia prima esperienza in categoria Ragnetti, nel 1999, al Campionato Italiano Giovanile, l’agitazione e la tensione che avevo. Ho continuato fino agli Juniores, senza mai scannarmi troppo (un anno ho anche smesso di scalare) e nel 2003 ho vinto il titolo di Campione Italiano Giovanile. Poi sono entrato nelle categorie senior: mazzate e selettività in gara fin da subito (ho accusato il passaggio di categoria) ma sono riuscito ad affrontare con più dedizione, costanza e motivazione le fasi di preparazione e allenamento.
  • D. La mia storia è simile e parallela a quella di Andrea, abbiamo fatto molte cose insieme. La mia prima gara risale sempre a quel Campionato Italiano Giovanile del 1999. Qualche gara mi piace farla anche adesso, in concomitanza con i miei impegni di lavoro.

D. Gabriele, fai gare dal 1997, ad alto livello, con ottimi risultati: la continua motivazione dove la trovi?

  • G. Beh, ti dirò che fino alla categoria Ragnetti sono sempre stato parecchio motivato e anche bello competitivo. Poi ho iniziato a scalare di più in ambiente naturale e mi sono appassionato molto alla falesia. Adesso mi vedo più rilassato nell’affrontare le gare, forse ho trovato lo spirito giusto nell’affrontarle, vado lì e mi diverto sempre, al di là dei risultati.

D. Cosa ne pensate della situazione attuale, dove molti ragazzi con cui avete gareggiato nelle categorie giovanili, ora non scalano più? Cosa pensate sia loro successo?

  • G. Dipende da come vivi le competizioni, chi ti sta dietro in fase di preparazione, come ti porta ad affrontarle, se esaspera oppure no il risultato. Iniziare nelle categorie pre-agonistiche e fare già l’atleta di alto livello può essere un aspetto negativo, che si ritorce poi su di te.
  • A. Io mi sono trovato nelle categorie giovanili ad affrontare vie abbastanza “semplici” e, passato poi nelle senior, ho notato la differenza… magari qualcuno ha “sentito” o meglio, accusato il salto di qualità e, mazzata dopo mazzata, ha deciso di smettere. Spesso a me succedeva di partecipare alle gare di Coppa Italia perché erano presenti gli altri componenti della squadra “Arrampicando”, istruttori compresi . Insomma, in compagnia è tutta un’altra cosa, accusi di meno i risultati negativi.
  • D. Secondo me queste persone cercano il risultato a tutti i costi, che non arrivano, e si ritrovano a cambiare sport. Li posso definire come vagabondi di uno sport che gli riesce facilmente, dai risultati facili.
  • A. A parer mio penso che l’arrampicata sia più dura di altri sport e richieda più impegno e sacrificio.


(in questo momento tutti e tre divagano a ricordare dei loro amici, conoscenti e anche avversari, che sembravano motivatissimi… uno è sparito dalla circolazione, l’altro non scala più…n.d.a.)

D. Fate un appello ai giovani che si avvicinano all’arrampicata, convinceteli a fare le gare, perché dovrebbero affrontarle o almeno provarle?

  • G. E’ giusto provare a fare le gare, sono una bella esperienza di crescita e si conoscono un sacco di persone. Magari non iniziare subito, imparare a scalare, affrontare in categoria Ragnetti le prime prove agonistiche giovanili, senza mai esasperarsi troppo. Troppe gare e c’è il rischio che poi scoppi!
  • A. Una certa competitività va bene e la gara senz’altro mette in luce questi aspetti. Poi c’è da considerare anche che molti non le fanno, dicono che non gli interessa, che non sono competitivi, e sono i primi che, in falesia, si scannano sui tiri e cercano il risultato, ti chiedono se hai fatto quella o quell’altra via. Insomma sembrano più competitivi e alla ricerca del confronto rispetto ad un’atleta agonista!
  • D. Sì ragazzi, fate le gare, l’importante è partecipare. Non cercate il risultato a tutti i costi, fate esperienza perché la competizione è un confronto prima con se stessi, con le proprie emozioni e poi con gli altri. Un motivo di crescita, senza ombra dubbio.

D. Come vedi, Gabriele, tu che sei dentro all’ambiente, il futuro delle gare, l’interesse che i media potranno rivolgere al settore agonistico?

  • G. Per promuovere o farsi conoscere dai media le gare sono senz’altro la cosa migliore. Vedo bene il bouldering, le cui competizioni sono più spettacolari, fatte in piazze, su palchi rialzati, più coinvolgenti per il pubblico. Nella difficoltà le competizioni sono sempre nei palazzetti al chiuso e i tempi di gara sono molto più lunghi. Osservando un certo numero di atleti che fanno sempre la stessa via per ore, si rischia di annoiarsi un po’.

D. Avete bazzicato tutti e tre in Valsesia, tu Gabry ti sei sparato delle signore vie dure, quali sono le tue impressioni sulla zona, vi piace, merita una visita?

  • G. Il potenziale in Valsesia c’è, è un po’ da scovare. I progetti non sono magari sempre bellissimi ma senz’altro duri. Poi, adesso che Nicola (Degasparis - n.d.a.) ha risistemato il “Laboratorio” ad Alagna, sono saltati fuori dei bei “tironi” tosti.
  • A. Io e Davide abbiamo girato abbastanza in Valsesia; a me piace molto la falesia di Ara, non sono mai stato a Fervento alla falesia Ronco: so che ci sono molti tiri facili e di media difficoltà, appena posso ci farò una scappatina. Minchia però se è dura affrontare il viaggio sulla statale valligiana!!
  • D. Mi piace il Laboratorio con le sue vie difficili dove le mazzate sono assicurate!! Avendo la casa a Riva Valdobbia, in estate ho avuto modo di gironzolare qua e là e di notare che stanno uscendo vari progetti.

D. E per quanto riguarda voi, quali sono i vostri progetti futuri?

  • G. Sono al quinto anno di agraria. Mi piacerebbe riuscire ad entrare nei gruppi sportivi per continuare a dedicarmi in pieno all’attività agonistica e vorrei scalare sempre il più possibile. Magari mi iscriverò all’università: biologia, geologia, agraria…qualcosa che abbia a che fare con la natura, vedremo.
  • A. Frequento la facoltà di Farmacia a Novara e gli studi mi impegnano abbastanza. Vorrei potermi dedicare sempre al meglio all’arrampicata, sia in gara che in ambiente naturale e prendermi le mie soddisfazioni.
  • D. Spero di riuscire a conciliare sempre la passione per l’arrampicata, per i fuoristrada e per il mio lavoro.

Bene, grazie ragazzi della piacevole chiacchierata e un sincero in bocca al lupo a tutti e tre!

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